L’intrapresa umana vale comunque, anche quando non raggiunge fino in fondo il suo obiettivo. L’importante è che sia piena di significato, di senso. E’ quello che comprendo rileggendo la storia di Mauro Pianta, il mio grande amico giornalista morto esattamente sei anni fa, che pur non riuscendo a ottenere un’assunzione definitiva e stabile in un giornale (il suo sogno) seppe interpretare il suo lavoro – provvisorio e con contratti a tempo – con una purezza e chiarezza di intenti che essi rappresentano ancora oggi una strada, attualissima, per poter vivere con profondità umana la professione giornalistica. Oggi vi parlo di lui… mentre gli occhi e il cuore piangono ancora, perché vorrei Mauro con me a raccontare le storie delle persone che tanto ci appassionavano: quanti libri avremmo potuto scrivere insieme, da quando ho cominciato la mia avventura con l’editore Rubbettino… Non è stato possibile realizzare questo mio sogno, da quel tragico 4 aprile del 2018 quando Mauro morì a quasi 47 anni, durante una gastroscopia. Quel che importa è che lui ha compiuto il suo destino facendo ciò per cui si sentiva chiamato nella vita. Io oggi continuo a sentire Mauro presente a me nel mio continuare a raccontare le storie delle persone nel modo in cui entrambi amavamo farlo: con ammirazione, con stupore, con empatia. Qui di seguito pubblico alcuni brani della mia prefazione e della postfazione di Andrea Tornielli al libro postumo di Mauro che abbiamo pubblicato nel 2019 noi suoi amici: con me e Andrea anche Domenico Agasso jr, Marco Bardazzi, Sandro Bocchio, Giulia De Matteo e Luca Rolandi. Il libro si intitola Dentro la notizia – “Io ti guardo così”, articoli diventati racconti. E’ un libro bellissimo, che vi invito a leggere, o a rileggere. Il libro di un grande giornalista e di un grande scrittore.
“Dentro la notizia” racchiude trenta articoli, trenta storie: esistenze ed esperienze diverse tra loro, su cui si sono posati gli occhi attenti e curiosi di Mauro. Occhi che hanno saputo cogliere il guizzo positivo di ogni vicenda incontrata: è questa l’eredità professionale di Mauro Pianta che il libro ha l’obiettivo di custodire e tramandare ai lettori e ai giornalisti. In un contesto che premia la velocità di divulgazione delle notizie e il loro riverbero sensazionalistico, il libro di Pianta propone una narrazione della realtà volta a sondare la profondità delle persone, a svelarne i segreti e a coglierne un significato universale. Ecco perché sin dall’attacco, i pezzi di Mauro catalizzano il lettore dinnanzi a racconti coinvolgenti che, senza trascurare le tempistiche della cronaca, sondano i confini dell’“oltre” della realtà. “Il vero cronista – ricorda Andrea Tornielli nella postfazione – è inguaribilmente curioso e soprattutto interamente proteso verso l’esterno. È qualcuno che guarda la realtà e non smette di appassionarsi. È qualcuno che non rimane indifferente di fronte alle storie delle persone, alle loro vite, alle loro caratteristiche”.
Dalla mia prefazione:
“Ma, alla fine, perché voglio fare questo mestiere?”, si domanda Mauro in uno scritto che non ha data né luogo. “Me lo sono domandato tante volte. E non sempre le risposte sono state sincere. C’è la voglia di emergere, di mostrare la propria intelligenza, la propria capacità di descrivere e interpretare la realtà. Quella cosa che si chiama firma, quasi il sigillo del tuo io. ‘Ehi, sono qui, guardate come sono bravo, guardate come ho percepito (io solo, io solo!) quella sfumatura. Guardate come l’ho resa con un uso azzeccato della tecnica giornalistica’. Oppure quando ti getti nella mischia della cronaca nera: ‘Guardate che quella notizia, quel particolare, quella testimonianza, ancora una volta ce l’ho solo io!’
“L’io, dunque”, riflette Mauro. Ma, subito dopo, si domanda: “Perché scandalizzarsi? È una delle prime cose con cui dobbiamo fare i conti. Solo che basta un niente e se nella vita (anche professionale) uno si muove esclusivamente sui binari dell’egocentrismo, è sufficiente un nonnulla per sbriciolarlo. Anche perché la felicità dello scoop – ha ragione Mauro a parlare di felicità dello scoop, solo i giornalisti-cronisti capiscono che cosa sia – dura tre ore e poi? E comunque si tratta di una felicità parziale. Invece vive dentro di me il desiderio di qualcosa di più grande ancora e di definitivo. Credo che come in tutti i lavori (nel giornalismo è solo più evidente) la voglia di conquista sia un pungolo prezioso che il Mistero ci mette dentro. È la possibilità di una introduzione al segreto della realtà”.
“Quale è questo segreto? ” scrive Mauro, immaginando un “terzo” che ci parla,: “Più tu dai credito al fascino che promana dalle cose, più ti avvicini alla conquista del tuo io, sembra dirci Qualcuno. Perché le cose ci sono e sono per te. Per la tua realizzazione. Solo che non puoi trattarle come se fossero tue. E percorrendo questa strada, magari è la durezza delle circostanze a trascinarti, arrivi pian piano al nocciolo di tutto e ti accorgi che il lavoro è l’occasione dataci per ribadire ciò: la realtà non la faccio io. Che è poi, detto per inciso, l’esatto contrario di tanto giornalismo contemporaneo: manipolare i fatti. E’ diverso se nei miei pezzi, nel modo di trattare le persone, lo tengo presente”. E’ un manifesto di giornalismo quello di Mauro in queste parole e di ispirazione per qualsiasi attività o relazioni.
Dalla postfazione di Andrea Tornielli:
Il lettore che è arrivato fin qui ha conosciuto di Mauro una caratteristica fondamentale: il suo essere un cronista. E un cronista di razza. Cronista fino nel midollo. Il vero cronista è inguaribilmente curioso e soprattutto interamente proteso verso l’esterno. È qualcuno che guarda la realtà e non smette di appassionarsi. È qualcuno che non rimane indifferente di fronte alle storie delle persone, alle loro vite, alle loro caratteristiche. È qualcuno che vive per raccontare, per trasmettere, per offrire al lettore un volto, una storia, una curiosità, una notizia bella o brutta. È, insomma, un grande esperto di varia umanità, che nei suoi articoli non usa mai la parola “io” perché la sua priorità non è raccontare di sé, ma raccontare ciò che vede e chi incontra.
Può sembrare paradossale, ma proprio questo esercizio di cronaca se svela molto di colui che è raccontato, tra le righe, rivela anche molto di colui che racconta. Mauro era innamorato di letteratura e storia. Ma il giornalismo, quello vissuto sulla strada, andando a cercare le notizie e ad incontrare le persone là dove vivono e lavorano, era la sua vocazione. Era un giornalista moderno, che sapeva raccontare e farsi raccontare piccole e grandi storie di vita. Sapeva avvicinarsi con delicatezza e profondità al suo interlocutore. Sapeva essere curioso e aveva il gusto del dettaglio, unito a una capacità di sintesi divenuta merce sempre più rara oggi: se gli era stato assegnato uno spazio di righe, non sgarrava mai. È nota, o dovrebbe esserla, l’importanza di quello che in un articolo viene in gergo definito l’attacco, vale a dire il primo paragrafo, le prime cinque-dieci righe del pezzo. Quelle sulle quali il lettore che ha deciso di andar oltre al titolo e al sommario s’imbatte immediatamente. Non esistono regole, ma ogni buon cronista sa che in queste prime righe devono essere contenute tutte le notizie indispensabili, se si tratta di un articolo di cronaca con la descrizione di un fatto. Deve essere un brano che cattura l’attenzione, abbozza un ritratto.
Bastano queste poche righe per capire di che pasta era fatto il cronista Mauro Pianta. Aveva collaborato con agenzie di stampa, siti internet, uffici stampa, ma anche testate nazionali come Il Foglio e Il Sole 24Ore, per il quale scriveva nell’inserto allora dedicato al Nord Ovest. Dal 2006 collaborava con La Stampa e nel 2011, quando fu creato Vatican Insider, la testata online del quotidiano dedicata all’informazione religiosa, Mauro vi ha lavorato fino al gennaio 2017. Ha vissuto le difficoltà dell’avvio del progetto e le naturali scosse di assestamento, ha vissuto il dietro le quinte di eventi epocali quali la rinuncia di Benedetto XVI e poi il conclave che nel marzo 2013 ha eletto il suo successore. Anche durante l’esperienza di Vatican Insider, al di là del quotidiano lavoro redazionale fatto di titoli e di “cucina” dei pezzi dei collaboratori, aveva continuato a coltivare il gusto per le storie, per le notizie curiose. I retroscena dai sacri palazzi e le diatribe interne al Vaticano lo entusiasmavano poco. Era la cronaca – nera o bianca che fosse – a invogliarlo a scrivere, dopo essersi fermato ad osservare e ad ascoltare. Dal novembre 2017 aveva iniziato a collaborare con l’edizione torinese del «Corriere della Sera» e non aveva mai interrotto il suo lavoro nello staff della redazione della rivista di natura e ambiente «Piemonte Parchi».
Innamoratissimo della sua famiglia, mite, ironico, capace di fare battute, amante della compagnia e capace di coltivare le amicizie. Era di poche parole, ma sempre giuste. Come sempre giuste erano quelle che vergava al computer per scrivere i suoi pezzi. Era un uomo di fede, Mauro, e lo sguardo di fede lo aiutava a entrare in profondità nei drammi più reconditi di coloro che incontrava e raccontava. Dalle pagine che avete appena letto, emerge in modo in cui lui guardava la realtà. Ora la guarda e ci guarda avendo negli occhi la Bellezza dell’eternità.