Ho avuto una grande fortuna: conoscere, fino a entrarne dentro, una delle più importanti e originali storie di accoglienza dei bisogni dei più poveri del nostro Paese e delle nostre città, compresi i migranti che dell’Italia fanno un punto di passaggio o di coronamento dei propri sogni. Si chiama Fondazione Progetto Arca. Una storia di uomini e donne, tanti uomini e donne! che da Milano – seguendo le tracce di un grande uomo della carità meneghina come fratel Ettore che operò tra i senza dimora nei pressi della stazione Centrale – hanno allargato l’orizzonte della solidarietà anche a tutto il mondo. Seguitemi in questo articolo perché vi presenterò la sua storia raccontata nel mio ultimo libro (scritto con Laura Nurzia, che è anche coprotagonista del romanzo) dal titolo “Sulle strade del cambiamento – Osservare, rispondere, prendersi cura: la storia di Progetto Arca”. Il libro è il decimo titolo della collana “L’avventura dell’esperienza – Storie, testimonianze, memorie, per far ripartire l’Italia” diretta da Florindo Rubbettino e me. In questa storia trovate la testimonianza di come l’Italia possa ripartire dal cambiamento delle persone: il cambiamento di vita dei volontari e il cambiamento di coloro che sono i beneficiari degli interventi e degli aiuti. E nella fortuna di poter incontrare sul mio cammino Progetto Arca ho avuto anche quella di poter conoscere profondamente i promotori della Fondazione, Alberto Sinigallia e la moglie Laura Nurzia e molti loro operatori.
Il libro ha avuto una grande anteprima lo scorso agosto al Meeting di Rimini a corredo della mostra “Per chi esistono le stelle? Il cammino di Progetto Arca a fianco dei poveri” ed è stato lanciato a Milano il 12 novembre scorso nell’ambito di una conferenza sui trent’anni di attività dell’organizzazione, dal titolo “Una storia che cambia le storie”. Ma il 23 gennaio 2025 si terrà una terza presentazione del libro, nel “salotto buono” di Milano, presso la libreria Mondadori in Piazza Duomo. Qui di seguito n video sull’evento di Milano e un’immagine della mostra realizzata al Meeting per l’Amicizia tra i popoli.
Ogni volta che apro, per leggerne qualche passaggio e rinfrescare la memoria, questo corposo libro (250 pagine comprensive di 32 zeppe di immagini) non posso fare a meno di stupirmi: con Laura abbiamo potuto raccontare come è nata un’opera – sorta come piccola associazione -che oggi a trent’anni dai suoi inizi può mostrare numeri da capogiro per quel che riguarda le persone bisognose che ha soccorso e per la struttura stessa della sua organizzazione. Ecco alcuni dati: dalla primavera del ’94 alla primavera del 2024 essa si è presa cura a vario titolo di oltre 435 mila persone, di cui quasi 380 mila in Italia – per strada o nei servizi residenziali- e più di 53 mila all’estero. Tra tutti questi soggetti incontrati, sempre nell’arco dei trent’anni di attività, 108 mila sono stati accolti in centri specializzati per le diverse situazioni di dipendenza (droga, alcool), o perché senza dimora, migranti, famiglie indigenti. Imponente il numero di coloro che grazie agli operatori e ai volontari di Progetto Arca hanno intrapreso e proseguito un percorso di riscatto e di cambiamento di vita: 82.600 persone. Persone che sono andate a vivere in comunità, che hanno deciso di affrontare percorsi ambulatoriali o che hanno svoltato nella propria vita verso l’indipendenza abitativa e lavorativa.
A Progetto Arca lavorano oggi quasi 300 persone, nel ’94 quando cominciò questa attività erano in tre. Altro capitolo, quello dei volontari: gli staff di Milano e Roma coordinano oltre 600 volontari impegnati in strada, nei centri di accoglienza, nei social market, nel guardaroba e nella preparazione dei pacchi viveri. In trent’anni questa realtà di accoglienza ha sempre cercato di offrire rifugi, case, servizi stabili, contando oggi su 167 appartamenti per l’housing e i migranti, 15 sedi di interventi di accoglienza, sette ambulatori sanitari, otto social market ( i supermercati dove con una tessera a punti le persone indigenti possono fare la spesa anziché ricevere un pacco a casa), nove sedi logistiche e uffici. Per sostenere tutto questo lavoro fondazione Progetto Arca gestisce mediamente proventi per circa 30 milioni di euro l’anno, per un valore analogo di spese. Alla scorsa primavera l’organizzazione poteva contare su oltre 180 mila donatori.
Le cifre fin qui indicate sono numeri da vera media impresa profit. Ma l’ambito di attività di Progetto Arca, puramente sociale, dimostra come il bene, l’aiuto, la prossimità verso gli altri debba avere uno svolgimento da impresa che sta all’onor del mondo. Eppure, la chiave di lettura di questa storia non può essere quella dell’economia, ma è davvero e unicamente quella del cambiamento. Lo spiega bene Laura Nurzia nella Prefazione al nostro libro:
“Per dare un titolo a questa lunga storia non avrei potuto escludere la parola «cambiamento.» Progetto Arca è nata per portare cambiamento alla vita delle tante persone che incontra e nel farlo, continuamente, cambia. Il movimento è il primo, ineludibile indizio, che esiste la vita.
L’esperienza ci ha educato all’osservazione, che ci aiuta ogni giorno a impegnarci in risposte necessarie, ascoltando il bisogno sociale e il grido di chi ce lo manifesta. Rispondiamo con prontezza, con le risorse a nostra disposizione ma anche chiedendo aiuto o partecipando a reti integrate. Non c’è nulla di più bello di sapere che dove non arriviamo noi potrà arrivare un altro, se entrambi siamo tesi al bene comune. Ci prendiamo cura di uomini e donne fragili, spesso a pezzi, aiutandoli a ricostruirsi in una nuova forma, quella sempre più bella che si assume rialzandosi da cadute vertiginose. Siamo grati di questo tempo sulla terra. Lo abbiamo speso tentando di diventare persone migliori traendo insegnamento dalla meravigliosa perfezione del Creato.”
So di non svelare nulla e di non smorzare lo stupore che si può provare leggendo pagina dopo pagina questo libro se ne propongo qui di seguito la lettura dell’Epilogo. Anzi, credo che non ci sia occasione migliore per far venire voglia di leggere il libro che partire dalle sue ultime pagine. Perché suscitano le domande giuste: da dove è nato tutto e perché?
Aspettando il 25 marzo 2024
4 febbraio 2024. Erano le prime luci del giorno. Gli operatori di Progetto Arca si erano fatti issare con l’autogrù snodata su alcuni autoritari monumenti di Milano. In piazza della Scala, su quello dedicato a Leonardo da Vinci e in piazza San Fedele sul monumento ad Alessandro Manzoni. Per la statua dedicata alla graziosa Cristina Trivulzio di Belgioioso, nell’omonima piazza, bastò salire su una scala.
«Va bene così?» domandò uno degli operatori con pettorina bianca e logo blu di Progetto Arca ai colleghi che controllavano da sotto. «Spostala un po’ di più sulle spalle», risposero. La coperta di lana azzurra, che gli stavano facendo indossare, doveva coprire tutta la schiena a quel Leonardo che di freddo, nei lunghi inverni milanesi, ne aveva certamente patito molto. Più tardi, quando già i passanti si fermavano stupiti davanti a quell’immagine insolita, l’assessore al Welfare, Lamberto Bertolé ,e Alberto, spiegarono il significato di quel gesto. Un grande cartello con la foto di un uomo disteso nel sacco a pelo in strada diceva: «Saverio, come Da Vinci, stanotte ha dormito qui. Chi vive in strada ha bisogno di tutta la nostra attenzione. Copriamo le persone più importanti della città.» «Tutti pensiamo» spiegò Alberto sotto alla statua di Leonardo «che l’importanza di una persona non sia data da ciò che fa e dal successo che gli viene riconosciuto. Noi crediamo che il valore dell’essere umano sia il fatto stesso di esistere, di essere stato voluto come parte del Creato. Per questo, oggi, come ogni giorno da trent’anni, Progetto Arca vive per portare questo messaggio a Milano, in Italia e nel mondo.» Alberto spostò lo sguardo sul cartellone e proseguì. «Le persone più importanti della città sono coloro che chiedono il nostro aiuto. Sono fondamentali perché la vita umana ha un imprescindibile valore. Lo sono ancora di più perché è attraverso di loro che noi siamo chiamati ad abbandonare ciò che appesantisce la nostra esistenza e a rincorrere ciò che la libera, che la rende pura, che ne fa un tempo di servizio e di partecipazione al miracolo della vita.» «Vogliate, quindi, idealmente proteggere, con queste coperte, tutti coloro che vi hanno fatto crescere, strappandovi dalla comodità di stare in voi stessi e catapultandovi nell’altro da voi. Nel turbinio di incontri, relazioni, sofferenze e gioie che hanno come unico obiettivo essere persone migliori, potrete trasmettere questo anelito alle generazioni future.» Alberto tornò in ufficio, la giornata era piena di impegni e, come al solito, li portò avanti tutti. Alla sera trovò Laura a casa. Era raggiante. Gli tese un libro turchese, appena uscito dalla tipografia. Il libro sulla storia di Fondazione Progetto Arca. Mentre lui rispondeva alle emergenze e trovava sempre nuove opportunità per educare alla solidarietà e all’attenzione, lei scriveva e scriveva, per non dimenticare, tutti i passi che li avevano condotti fino a lì. Un giorno forse, per qualcuno, sarebbe stato interessante scoprire che il tentativo di rispondere alle incalzanti domande sociali offriva, in cambio, grandi doni. Per loro, il regalo, era stato quello della crescita e del radicamento di una piccola associazione, fondata da tredici persone e guidata, ai suoi albori, da tre appassionati amici. La festa per il trentesimo anniversario era alle porte. Avrebbero incontrato molte delle persone con le quali avevano condiviso il cammino e chi, nel presente, dava la linfa alla quotidianità. I dirigenti: Alice, Monica, Silvia e Tina. I membri del Consiglio d’amministrazione: Monica Poletto, Luca Capelli, Roberto Corno e Luca Degani.
Ricordarono chi non sarebbe stato presente: fratel Ettore, del quale il 25 novembre 2023 era stata chiusa la fase diocesana della causa di beatificazione, Ambra, Andrea, Beatrice, Claudio, Condor, Dario, Elide, Emilio, Gianfranco, Gianluca, Luciana, Luciano, Massimo, Renzo, Roberto G., Roberto S., Vittorio A. Erano tutti tornati alla casa del Padre per il misterioso disegno di Chi fa bene tutte le cose. Laura e Alberto si sedettero sul divano, aprirono il libro della storia di Progetto Arca e sorrisero. Prima di iniziare a leggere a Laura venne spontaneo citarne a memoria un pezzettino, quello del loro primo incontro nel 1989: «Quanto manca all’ora di cena?», chiese una sera Laura a un ragazzo ricciolino con i sandali e una maglia a losanghe bianche, blu e rosse. Era dietro di lei, […] ma il solito pentolone tardava ad arrivare. Forse Anna stava aspettando un altro intervento della Provvidenza? O forse la Provvidenza era impegnata in altri progetti? …» Sì, era stato proprio così. La generosa Provvidenza non aveva mai mancato di elargire insegnamenti e di donare fecondità di idee e di risposte. Questa gratitudine era, davvero, il frutto dei primi trent’anni di vita di Progetto Arca.