A TUTTA Birra – Nei locali di Monica

Monica Fantoni è una toscanaccia di quelle che suscitano subito simpatia. Travolgente, coraggiosa, impetuosa, facile all’amicizia, ma anche profondamente timida e scevra a raccontarsi. Non è stato immediatamente facile convincerla a diventare una delle sette protagoniste del mio libro L’impronta delle donne, eppure la sua è una delle storie che credo di aver raccontato con maggiore senso della poesia e della delicatezza che si deve a una donna e al mistero – tutti siamo un mistero – della sua esistenza e dei suoi destini. Fatto sta che non si può parlare dellaLöwengrube, la più importante catena di franchising italiano nel campo della birra, senza riferirsi a lei, vera e propria cofondatrice e ancora oggi promotrice e fulcro della grande diffusione di questo modello di ristoranti-birrerie di stile bavarese nel nostro Paese. Ecco come comincia il suo racconto.

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È mezzogiorno, e il sole è già alto, anche se non proprio allo zenit come d’estate. Lievemente inclinato, sembra partecipare ai miei pensieri, accarezzandomi di traverso. Osservo da sinistra verso destra i piccoli promontori che accolgono Cala Civette, secondo un disegno naturale che si ripete, a destra, con Cala D’Amico e Cala Violina. Vicino a me, intanto, è arrivata una giovane famiglia: padre, madre e figlia piccola.

Per un istante le immagini di me piccola con papà e con Zuleide, e quella della famigliola che si è sistemata vicino a me si sovrappongono. La mamma ha tirato fuori da una borsa-frigo alcuni panini e li sta distribuendo all’uomo e alla bimba. All’improvviso, senza che me ne sia accorta, la vedo al mio fianco. «Signorina, gradisce un panino? Ne abbiamo fatti in abbondanza, forse troppi…» e ride di gusto. La guardo. Entrambe abbiamo l’impressione di esserci già viste. «Ma, mi scusi, lei lavora alla Löwengrube di Limite?», mi domanda. Non posso fare finta di niente. «Certamente», rispondo. È vero, sono nostri clienti. Ma quello che poteva sembrare una scocciatura, proprio mentre cercavo una pausa radicale dal lavoro, non si rivela tale. Non provo fastidio mentre cominciamo a discorrere. Chiedo di loro, della bimba, che mi viene vicino e vorrebbe giocassi con lei, poi mi domandano: «Ma come avete cominciato lei e Pietro con questa bella iniziativa?». «Guardi», le rispondo, «stavo proprio ripercorrendo nella mente la nostra storia». «Non volevo disturbarla…». «Non mi disturbi affatto… Diamoci pure del tu, subito. Adesso ti dico tutto. È quello che avevo cominciato a fare tra me e me, ma è molto meglio se ne parlo con qualcuno… Allora, devo cominciare da due episodi». Intanto si è unito alla conversazione anche l’uomo, il marito della donna, e si siede ad ascoltare.

«Siamo agli inizi del 2004», attacco a raccontare, «Pietro ed io lavoriamo insieme e siamo anche fidanzati. Un giorno di quella primavera passiamo con la sua auto davanti all’immobile che ospita Löwengrube a Limite. Io, che riconosco l’uomo che sta affiggendo il cartello con l’avviso “affittasi” – lo conosco per motivi di lavoro – dico a Pietro di fermare l’auto. Avevamo in animo di aprire qualcosa di nostro e la cosa ci incuriosisce subito. La faccio breve: ci intendiamo seduta stante e ci impegniamo ad affittare l’intero spazio, che fino a quel momento aveva ospitato una concessionaria di auto. Questo il primo episodio da tenere presente. Il secondo è questo: un fornitore di birra per il circolo ricreativo per cui lavoravamo ci invita a fare un breve viaggio a Monaco di Baviera. «Venite a vedere i ristoranti-birrerie di Monaco. Uno spettacolo». Ci facciamo conquistare dalla proposta. E così il 24 aprile del 2004 Pietro, io e il suo amico ci aggiriamo per Monaco. Non passo inosservata: mi sono tinta i capelli di arancione. Pazziaaaaa».

I miei “ascoltatori” ridono di gusto.

«Rimaniamo letteralmente basiti da quella visita. Questi locali bavaresi sono fantastici. Sono un luogo frequentato dalle famiglie con i bambini, c’è energia, voglia di relax e di divertimento, mangiando bene e bevendo altrettanto bene, alla bavarese, s’intende. Così, durante il viaggio di ritorno, nasce in noi l’idea: facciamo qualcosa di simile anche a casa nostra. Abbiamo cominciato noi due soli, in quel locale che prendemmo in affitto. Dove siete venuti qualche sera fa. È il 2005 l’anno in cui il progetto prende forma. Nell’ex concessionaria d’auto ci dedichiamo agli arredi e alla sistemazione della struttura in modo da riprodurre veramente un pezzo di bierstube bavarese a Limite sull’Arno! Dapprima ci diamo l’obiettivo di inaugurare il locale alla fine di agosto, per attirare la clientela ancora fresca di vacanze e desiderosa di momenti “estivi” fuori casa, ma non ci riusciamo. L’inaugurazione – la rammento ancora adesso con una certa emozione – avviene di giovedì sera, il 29 settembre 2005, alle 19. Ricordo la trepidazione delle ore precedenti: le birre a disposizione nelle spillatrici, i cibi della tradizione bavarese pronti per la cottura o per la preparazione dei piatti, i giovani camerieri con l’abito tipico bavarese, il dirndl per le donne e il lederhosen per gli uomini, e poi la musica, l’allegria… Fu un successo. Ed era cominciata la nostra scommessa…

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