Un tesoro di MARCHI E BREVETTI – ENRICA e i suoi ANGELI CUSTODI

E’ vero: quello che rimane dopo aver parlato con Enrica Acuto Jacobacci è il suo sorriso. Un sorriso che traspare serenità, calma, pazienza, unite a tenacia nel fare andare avanti le cose. Ma soprattutto nel far stare insieme le persone – i suoi “angeli custodi” che tutelano e proteggono marchi e brevetti delle imprese – nello svolgimento del loro lavoro. Così, in lei si riassumono le doti della manager e dell’imprenditrice e da maggio del 2023 è presidente e Ceo di Jacobacci & Partners, tra i principali player europei della tutela della proprietà intellettuale. Enrica è la prima donna presidente della società, ma lei ama collocarsi nella scia di altre luminose figure di donne imprenditrici nella più che 150ennale storia dell’azienda, quelle di Victoria Nobel e Lucia Casetta che nella prima metà del 900 furono cotitolari della società di consulenza. C’è quel tanto che basta per incuriosirsi e cercare di capire chi è Enrica Acuto che diventa “Jacobacci” nel momento in cui sposa Fabrizio, figlio di Guido Jacobacci che ha dato all’azienda quello slancio fondamentale che l’ha fatta conoscere e apprezzare nel mondo delle imprese.

Ho conosciuto Enrica di persona grazie a una segnalazione di Marianna Carlini, la ma talent scout di donne imprenditrici. Oggi guida un’impresa specializzata nell’IP che conta su 13 sedi operative, tra Italia (Torino, Milano, Roma, Brescia, Padova, Bergamo e Bologna), Francia (Parigi, Lione, Nantes e Bordeaux) e Spagna (Madrid, Alicante). La Jacobacci & Partners è una società che si avvale del lavoro di oltre 400 persone e che ha costruito una rete di corrispondenti e collaboratori che la rende presente in ogni Paese del mondo. Un’impresa che gestisce centomila brevetti e altri centomila marchi. Un’azienda, un Gruppo – una volta semplicemente uno “studio” – che lavora per diecimila clienti e fattura annualmente oltre 70 milioni di euro. Ti aspetteresti di incontrare una donna piena di sè e delle sue responsabilità, incontri invece una persona semplice, cordiale, che ha fatto della sua esperienza di manager, imprenditrice, moglie e madre di tre figli un bilanciato mix di equilibrio e di creatività. Ho raccontato questo mix – esempio di come una donna possa tenere insieme tutte le sue caratteristiche femminili – nel mio ultimo libro “Nel nome delle donne – Sette racconti: quando in azienda la presenza femminile si fa decisiva” pubblicato da Rubbettino e scritto con la brava e simpatica Silvia Lessona. E che Enrica Acuto sia stata decisiva per la Jacobacci & Partners questo è fuor di dubbio.

Enrica entra nell’holding Jacobacci a 26 anni. Il matrimonio con Fabrizio è anche un matrimonio con una storia d’azienda, inevitabilmente. Ma lei, laureata in Economia e commercio e giramondo sin da bambina perché il padre lavora all’estero, non rinuncia a una suo cammino professionale autonomo. La grande occasione è data dal lavoro nel campo del marketing con la Danone, la sua “scuola”, in tutti i sensi. Tuttavia, nonostante le soddisfazioni di questa esperienza, Enrica, con l’arrivo dei figli, sa “riciclarsi” e “alla grande”. Sin dal 1997 diventa una smartworker ante litteram, sostenendo e creando imprese innovative nella comunicazione multimediale. Enrica vive in quella stagione la travolgente esperienza di preparazione delle Olimpiadi invernali di Torino, svoltesi nel 2006, ma quando inizia questa avventura è ormai entrata in modo stabile nella Jacobacci, prendendo il posto dello zio Filippo, uno degli artefici con il fratello Guido (suo suocero) dello sviluppo dello studio e deceduto alla fine del 2004. “I ragazzi – racconta Enrica – stanno crescendo e io, lasciato il sentiero della mia carriera, mi rendo conto che sono rientrata in autostrada. Alla fine delle Olimpiadi il mio ‘casello’ d’arrivo è l’ex palazzo del GFT che da quell’anno, al numero 8 di corso Emilia, ospita la Jacobacci”. E’ da quel momento che Enrica sviluppa la sua vision: trasformare lo “studio” in una vera e propria impresa. “Abbiamo integrato dei manager – racconta – e abbiamo impostato una cultura d’impresa più inclusiva creando e organizzando le funzioni in maniera più moderna ed efficace. Abbiamo direttori e responsabili di ogni settore – professionale, sviluppo, amministrazione e finanza, organizzazione, marketing, risorse umane, tecnologia e digitalizzazione – che riferiscono direttamente a me e con i quali collaboro quotidianamente. Ma anche team leader che gestiscono business ed account molto importanti. Non credo esistano nel settore dell’intellectual property molte altre organizzazioni analoghe alla nostra, non solo in Italia, fatta eccezione, forse, i grandi studi anglosassoni. Insieme, abbiamo portato un approccio imprenditoriale nell’azienda di servizi legali.” Tutto ciò mentre l’ex marito Fabrizio Jacobacci guida da tempo e con grande successo il team di avvocati, l’altra importante branca dell’attività dell’azienda.

Ma incontrare Enrica Acuto significa anche incontrare un approccio profondamente umano nei confronti del lavoro dei propri collaboratori. Lo descrive così, lei stessa, nelle pagine del suo racconto nel mio libro. Sono le parole con le quali mi piace chiudere la chiacchierata di oggi.

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(…) Abbiamo impostato l’azienda con un’attenzione all’ambiente e alle persone. Del resto ho sempre guardato alla sostenibilità, un po’ per vocazione, un po’ in modo quasi inconsapevole. Per me la sostenibilità è una metrica che non riguarda solo l’impatto ambientale, ma anche i modi di lavorare, i tempi di lavoro, quanto può reggere una persona nel lavoro che gli è chiesto, soprattutto in un lavoro come il nostro fatto di scadenze continue. E ho prestato particolare attenzione alle donne, che rappresentano l’80% dei nostri collaboratori, perché ho vissuto sulla mia pelle la difficile conciliazione dei molteplici ruoli: la carriera femminile ha degli ostacoli e allora bisogna fare in modo che l’ambito del lavoro diventi più easy per le donne. Ho fatto tutta una serie di cose per le nostre donne… Prima si diceva, non solo da noi: “Ah, sei incinta! Ehhh…” e giù rammarico. No! La maternità è una cosa meravigliosa, bisogna cambiare la cultura aziendale su questo fronte. Si possono costruire progetti tagliati sulla persona. Alla Jacobacci c’è un welcome kit quando nasce un bimbo e c’è un mazzo di fiori quando torni dalla maternità. Si fanno figli, ma nelle nostre sedi è aumentato il numero delle dirigenti, ed è cresciuta la rappresentanza femminile in Consiglio di amministrazione. E rispetto alla carriera? Perché una donna professionista dovrebbe rallentarla rispetto al collega maschio perché interrompe il percorso per il tempo che le serve per mettere al mondo una creatura? Queste è una cosa che non ho mai capito… Certo, quando si torna al lavoro occorre del tempo per riassestarsi, ma si possono fare anche due salti di carriera, perché perdere un turno? Da noi si ragiona così. E credo sia una situazione quasi unica.

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